Piccola premessa
Questa storia inizia molti giorni fa: siamo saliti in montagna per le feste di Carnevale. Nelle ore notturne tengo spesso un diario e così sono rimasta impigliata anche io nel racconto della quarantena, quasi per caso, come molti. Ho notato che mi serviva rileggerlo anche per ricostruire un rapporto con il tempo e non perdere il filo delle giornate, guardando anche come avvenivano e come venivano percepite le notizie in diretta e che tipo di cambiamento intimo e pubblico ci sia stato. Così, in attesa del ritorno a casa o in attesa del ritorno alla vita di prima, condivido, per chi ha piacere di leggerlo, quello che è accaduto a partire da due settimane fa. ISOLAMENTO IN MONTAGNA - GIORNO UNO Siamo qui già da una settimana e qualche giorno, ma da poco abbiamo capito che ci resteremo, perché in città imperversa il coronavirus, le scuole sono chiuse per precauzione è meglio evitare troppi spostamenti. Oggi i toni sono drammatici e allo stesso tempo sotterraneamente, mentre si prospetta una nuova Spagnola, mentre si ricordano le misure della Sars, si fa dell’inconsapevole ironia, poi però appena qualcuno tossisce viene guardato con orrore. Tutto questo accade in televisione, ci diciamo, e dubbiosamente ci riserviamo un tempo per pensare se si rimetterà in sesto a breve. Intanto stiamo qui e qui, in qualche modo ci sentiamo di non fare male a nessuno. Siamo al sicuro? Tempo per leggere e meditare? Scrivere con tutti intorno è un caos. Tutti si ripetono le cose urlando almeno sei volte perché ognuno di noi parte a turno per il viaggio nel suo iperspazio mentale. Mia mamma si uccide di fatica e devi rincorrerla mentre smonta col cacciavite la stufa a pellet e la ripulisce con l’aspirapolvere. È sdraiata con la schiena sul pavimento freddo, sta lucidando un vetro che diventerà nero alla prima accensione, ma non puoi non aiutarla perché il senso di colpa ti ucciderebbe. Poi accendi la stufa e fissi il vetro che si annerisce. Il marito parla a voce altissima in inglese, è in collegamento con la Finlandia dove forse lavora a qualcosa di incomprensibilmente informatico. Naturalmente qui siamo in montagna, la connessione Skype si sente male e lui impreca contro Tim, Wind, Tre, Eolo e Zeus. Mio figlio è un capolavoro, anche senza bisogno del triciclo, si aggira come in Shining per il corridoio e ripete le parole del papà: “merda, merda, merda”. “Merda, merda, merda!” is the new REDRUM.
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March 2021
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