![]() L’ora di uscire per il turno di notte. Come al solito c’è un traffico intenso. Sempre tutti in coda sulla Milano Monza. Guaro spesso l’orologio al polso: non si tollerano ritardi, bisogna arrivare anche in anticipo per il passaggio delle consegne. I colleghi del turno pomeridiano non ne possono più di andarsene per poter cenare e ti aspettano fissando le lancette, a quello penso mentre sto al volante. Ma non posso farci nulla e così sperando di non dovermi trovare nell’umiliante situazione di scusarmi del ritardo, accendo la radio e ascolto il notiziario per scacciare le preoccupazioni. All'inizio non mi è chiaro cosa stia succedendo: è un resoconto preso a metà… devo ricostruire… a si racconta della difficile situazione nella Germania est ma soprattutto Ungheria e Polonia con migliaia di cittadini tedeschi in attesa dei visti per la Germania ovest. Sapevo che nei mesi scorsi c’era stata parecchia tensione tra i cittadini della DDR e le autorità comuniste cercavano in ogni modo di mantenere il controllo. Sapevo anche che la tensione si era ulteriormente acuita nei giorni immediatamente precedenti, ma non avrei mai immaginato quello che stava accadendo. Imbocco la tangenziale. Sono stanco e mi aspetta una notte in piedi ma non conta più: arriva un annuncio chiaro e improvviso: il ministro della propaganda apre i posti di blocco alla porta di Brandeburgo! Notiziario delle 19:30, credo. Ecco questo quello che mi ricordo. Ancora? Dunque… niente, poi ho lavorato la notte si corre da una parte all'altra... pazienti e parenti, a volte gente che sta malissimo, a volte gente che non ha niente di speciale ma vuole rassicurazioni… un grosso guazzabuglio umano. Più o meno tutte così le notti. In centralina del reparto c’è il solito fermento. Il medico di guardia mi ragguaglia dei casi urgenti da seguire di notte mi riferisce anche di una chiamata da PS per visita a parere e infine si ferma a commentare le grandi novità dalla Germania. Di solito si cerca il silenzio però mi ricordo le radioline a transistor in reparto, alcune sui comodini, tutte a mandare le stesse notizie in una specie di confusione. Tiro dritto per la corsia e mi fermo giusto il tempo di notare il televisore della sala soggiorno per i non allettati. È acceso sul notiziario speciale. Non mi ricordo quale notiziario, quale canale… però ci sono persone intorno che commentano: medici, infermieri, tecnici di radiologia e pazienti. (quelli che non stanno troppo male, ovviamente. Sono pneumologo, a volte i miei pazienti più che occuparsi di parlare sono impegnati a respirare) Però quelli che non sono allettati sono eccitatissimi, c’è un capannello di gente che discute del muro di Berlino. “Dottore ha visto?” qualcuno mi dice cosa sta succedendo e poi mi ricorda che sente un dolore, o che ha un fischio respiratorio. Magari serve più ossigeno... ricordo una signora… mi si avvicina mentre sono lì nel calderone e mi fa vedere le braccia: è convinta di avere la vena del braccio destro più gonfia di quella del braccio sinistro... forse in tutto quel contesto sarà un messaggio in codice legato alla situazione politica internazionale? Al momento la cosa mi sembra incredibile. No, non è incredibile che la signora abbia una vena più grossa dell’altra a destra, che poi è una sua fissazione, ma sono colpito che non ci siano morti o feriti, lì a scavalcare il muro di Berlino. Eppure improvvisamente non c’è più nessuno a sparare per impedire il passaggio. Vedo qualche immagine di sfuggita ma non posso fermarmi molto. “Signora le sue vene cefaliche sono bellissime.” Scendo in pronto soccorso con l’ascensore, un infermiere già distrutto dal sonno mi dice che molti abitanti di Berlino Est stanno passando nella zona Ovest e che le guardie stanno aprendo alcuni posti di blocco, spinti dalla massa incalzante della gente, senza reagire. Ripete in diretta quello che sente, ma è innervosito perché l’ascensore gli sta rovinando il segnale… ha la radiolina a transistor. Che altro? In P.S squillano telefoni, arrivano persone di ogni tipo. Come fa mia moglie a lavorare in pronto soccorso tutti i giorni? Ci sono agenti di guardia, gente che cerca di farti vedere un taglio, un tremore, chi si è addormentato sulla sedia aspettando. Mi impegno a dare il mio parere sul paziente per cui mi hanno fatto chiamare, con queste notizie che filtrano discontinue. Fortuna torno in reparto presto e anche lui mi raggiunge con la barella, accompagnato dall’infermiere. “Dottore secondo lei è finito il comunismo?” Mi chiede, ancora scocciato della radiolina schermata nel tragitto. In un momento di pausa vado a chiedere come procede a un gruppo di pazienti che stanno seguendo gli eventi in tempo reale via radio. Non mi sembra vero: finalmente questa follia del muro sta per terminare. La DDR in grave crisi politica ed economica, non più sostenuta dall’unione sovietica di Gorbaciov, doveva cedere: mi sembra una cosa bellissima e incredibile. Ma devo rimandare le chiarificazioni alla mattina dopo, chissà se Anna ha seguito tutto. Forse sta dormendo. Anna è mia moglie è a casa, lei il turno lo comincia tra qualche ora, parte da casa alle sette del mattino e attacca il turno alle otto. Probabilmente passa a salutarmi mentre smonto. Di solito facciamo così chissà che serata ha passato lei, se ha visto la televisione. Ora devo dedicarmi ai pazienti, alcuni dei quali gravi, sofferenti, a cui del muro di Berlino proprio non importa niente: cercano solo di sopravvivere come possono. Un anno dopo però, all’anniversario della caduta, sempre in ospedale, mi ricordo che una mia collega è arrivata tutta esultante e ha detto: guarda! Ho un pezzo del muro, sono andata a prenderlo a Berlino. E invece io sempre Milano Monza. Monza Milano.
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