ISOLAMENTO IN MONTAGNA – GIORNO SETTE
Dal momento in cui ho realizzato che sarei rimasta qui con tutta la famiglia a far andar la stufa a legna almeno una settimana, sono passati, diciamo, sette giorni. Forse di più. Non ho nessuna certezza. È la festa della donna, ci consigliano di stare in casa. No, stavolta non solo noi donne. Dobbiamo stare in casa tutti e, già che ci siamo, dato che è la festa della donna, abbiamo tutte noi la grande opportunità di mostrare finalmente come si indossando i guanti di lattice per utilizzare i prodotti igienici senza corrodersi la pelle, come sanificare il water e, finalmente, una ghiotta occasione per dilettarci nel passare gli stracci per la polvere assieme ai maschi, con i quali condividere lo sport dell’annacquare il disinfettante per superfici nel secchio e passare lo straccio, operazione tramandata per linea femminile attraverso l’RNA dai tempi del togliere le ragnatele alle caverne. Bello. Un otto marzo molto particolare: non è un otto marzo con il pugno chiuso in manifestazione a riappropriarci di uteri e scrivanie, ma un otto marzo a schiavizzare (chi ha saputo coglierne l’opportunità ne avrà goduto di grande piacere) i compagni maschi in casa, munirli di patine e mascherine antipolvere e invitarli a prodigarsi nel lavoro di cui noi deteniamo i vertici, in cui noi siamo in cima. Oltre qualunque soffitto di cristallo, e se è di cristallo, è di Boemia ed è quello del lampadario della trisavola con le gocce sfaccettate da spolverare. Certo, senza generalizzare: io, ad esempio, non so davvero passare la giusta quantità di cera sul parquet e se ci provo uccido la gente, che va giù in caduta libera al primo passo falso, quindi non è che se sei donna sei esperta, si sa i soliti luoghi comuni che fanno costume. Nella notte fughe di notizie e fuga dalla Lombardia: si vocifera che siamo stati messi in quarantena. Il marito sottovaluta: “ma figurati se fanno una così così, ma tu sai che crollerebbe tutta l’economia". Ha ragione, ho penso. Mi sono appropinquata al giaciglio con atteggiamento dimesso, in stile “scusate se esisto”, per poi, alle due di notte, a decreto firmato, riprendermi, svegliarli tutti, gatti compresi, mostrare la notizia che confermava la chiusura della Lombardia e recitare, in modo volutamente petulante: “ve l’avevo detto, ve l’avevo detto!”.
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